Sulla terapia di Luigi Di Bella i dubbi ancora rimangono, ma sulla sua capacita' di comprendere e ascoltare il malato sono tutti d'accordo.
Dopo di lui la medicina tradizionale ha fatto autocritica. E' forse questa l'eredita' piu' importante lasciata dal fisiologo che ha diviso l'Italia e l'opinione pubblica per una terapia che sconvolgeva i protocolli tradizionali, senza superare la prova della sperimentazione ufficiale (sulla correttezza della quale in molti nutrono ancora dubbi).
La notizia della scomparsa di Di Bella suscita, in tutti coloro che hanno vissuto la cosidetta ''vicenda'' prima di tutto, piu' d'un ricordo. I malati in piazza, gli oncologi che lanciavano appelli affinche' i pazienti non abbandonassero le cure, la ricerca affannosa dei farmaci per il cocktail della multiterapia. Ora al medico tutti riconoscono il merito umano, non senza polemiche.
''Al professore Luigi di Bella va la compassione e il rispetto che si devono a chi e' ormai affidato alla misericordia di Dio'' ha detto Rosy Bindi, responsabile Salute e politiche sociali della Margherita, per la quale ci fu una strumentalizzazione della sofferenza da parte del centro-destra, di alcuni magistrati e dei mass media. Bindi, a suo tempo ministro della sanita', si trovo' al centro della stessa vicenda Di Bella, durante la quale, dietro pressione di quanti chiedevano il riconoscimento ufficiale della cura, venne organizzata la sperimentazione il cui esito boccio' la terapia.
''La sua morte rievoca una vicenda dolorosa e difficile contrassegnata da una grave strumentalizzazione della sofferenza dei malati di tumore da parte di forze politiche del centrodestra - ha commentato la parlamentare - di alcuni magistrati e parte dei mass media, che insieme hanno alimentato un clima di irrazionalita' e irresponsabilita'. Tutto questo pero', sempre secondo l'ex ministro, ''non e' stato vano.
Se pure a caro prezzo si e' affermata una maggiore consapevolezza dei principi di appropriatezza ed efficacia delle cure e una diffusa condivisione delle regole sulle sperimentazioni cliniche. Ma e' divenuta piu' stringente anche l'esigenza di una nuova umanizzazione del rapporto tra medico e paziente, di una presa in carico complessiva dei malati in fase critica''.
Di Bella viene poi ricordato dal ministro della salute, Girolamo Sirchia, come ''una persona limpida e onesta,convinta di fare cose giuste alla quale dobbiamo rispetto. Sicuramente dava l'idea del medico che amava il malato, che lo ascoltava e che si immedesimava nei suoi problemi''.
Un pienoapprezzamento, quindi, indipendentemente dai risultati dellasperimentazione sulla sua cura: ''Che la sua terapia non abbiaretto alla verifica nulla toglie al valore dell'uomo''. Anche il parlamentare Ds, Giuseppe Petrella, docente di oncologia dell'Universita' Federico II di Napoli e negli scorsi anni acerrimo contestatore delle teorie scientifiche del medico modenese, esprime cordoglio.
Alcuni rilievi scientifici e le implicazioni sociali della vicenda collegata alla terapia a base di somatostatina furono raccolti in un volume ''Un anno con Di Bella'' che Petrella scrisse nel 1998. ''E' stato comunque - ha dichiarato il parlamentare - un medico di altri tempi che ha dedicato la sua vita alla medicina e assoluta dedizione alla ricerca. La mia critica, oggi come ai tempi della sperimentazione della terapia anticancro messa a punto dal fisiologo modenese, non e' mai stata rivolta alla sua persona, ma piuttosto a coloro che lo circondavano, trasformando le sue ricerche in nuove scoperte scientifiche capaci di animare false attese di guarigione e illusorie speranze di vittoria contro il cancro in tantissimi pazienti malati di tumore''.
Anche un altro protagonista della vicenda Franco Cuccurullo, presidente del Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca, Rettore dell'Universita' Gabriele D'Annunzio di Chieti-Pescara, e, all'epoca del caso Di Bella, Presidente del Comitato etico del ministero della Sanita', nominato da Rosy Bindi, pur prendendo le distanze dalla terapia riconosce che nella medicina un passo avanti e' stato fatto. ''La gente - ha spiegato - e' stanca di un rapporto con il medico e con il mondo sanitario che si e' progressivamente inaridito sotto il profilo umano, perche' si puo' essere anche molto bravi, ma solo se il paziente sente di avere nel medico un amico pronto a battersi per aiutarlo, meta' del cammino verso la luce è già compiuta.
Ed e' forse questo uno dei messaggi piu' importanti della vicenda Di Bella. Ma per scoprirlo era davvero necessario un caso nazionale?''. (ANSA).
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